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Virgilio e l'uovo Magico


Castel dell'ovo

Oggi vi porto a Napoli, alla scoperta di una leggenda che coinvolge Virgilio e… un uovo! Ci troviamo sull'isolotto di Megaride (attuale Borgo Marinaro), luogo dove secondo la leggenda la sirena Partenope arrivò col cuore infranto, disperata in seguito al rifiuto di Ulisse. Qui decise di lasciarsi morire distrutta dal dolore, legando per sempre la fama della città a quella di una meravigliosa Sirena (ma questa è un'altra storia che se volete vi racconterò un'altra volta!).


Tra i tanti personaggi storici passati per Napoli c'è anche il noto poeta latino Publio Virgilio Marone, considerato dallo stesso popolo napoletano un protettore della città. Secondo gli abitanti, infatti, Virgilio non era solo un poeta, ma una sorta di stregone alchimista, inventore di numerosi manufatti volti a proteggere Napoli, noto con l'appellativo di Virgilio Mago; questa nomea spiegherebbe il motivo per cui la figura di Virgilio, durante il Medioevo, si ampliò includendo quella di un fattucchiere legato al mondo esoterico.


Quali erano questi amuleti concepiti apposta per proteggere il capoluogo campano? Innanzitutto un modellino di Napoli che funzionava come palladio, ossia con una finalità protettiva contro ogni attacco nemico, conservato in una bottiglia dal collo strettissimo nascosta a sua volta nelle mura di cinta della città. Qualora la funzione difensiva fosse venuta meno, la colpa sarebbe stata attribuibile a crepe o graffi presenti sul cristallo della bottiglia. Creò inoltre un macello dove mantenere la carne fresca per settimane, e con una magia relegò i numerosi serpenti che infestavano Napoli sotto un'unica porta detta Porta Ferrea. Fabbricò anche altri oggetti con lo stesso scopo: una mosca di bronzo, posta su una porta fortificata per tenere lontani gli insetti; un cavallo sempre in bronzo, con lo scopo di proteggere i destrieri, e una statua dello stesso materiale, raffigurante un arciere con la freccia rivolta verso il Vesuvio. Pare che un giorno un contadino fece scoccare involontariamente il dardo, riportando il vulcano in attività.


Tuttavia, il legame probabilmente più noto tra Virgilio e Napoli è legato a un uovo e alla leggenda che vi ruota intorno. Tale mito dà a sua volta il nome a Castel dell'Ovo, costruito, secondo il racconto, proprio da Virgilio sull'isolotto di Megaride. Il poeta mago scelse di rendere quest'uovo un oggetto dotato di poteri magici, creando ancora una volta un talismano che avrebbe protetto la città a patto che esso restasse integro. È giusto specificare l'origine di tale prodotto: secondo alcune versioni sarebbe stato un uovo di gallina, secondo altre di struzzo. Addirittura c'è chi afferma che l'uovo sarebbe stato deposto da Partenope in persona prima di morire, attenendosi alla visione dell'antichità secondo cui le Sirene erano esseri metà donne e metà uccello. Stando alle cronache napoletane vi sarebbero due modi in cui tale uovo sarebbe stato custodito: alcuni parlano dell'uovo introdotto in una caraffa in cristallo pregiato; altri dicono che l'amuleto sarebbe stato inserito in una gabbia di ferro. In entrambi i casi, l'uovo magico fu murato e nascosto nelle fondamenta del castello, e in caso di rottura, l'esito della profezia era funesto: l'intera città sarebbe crollata. Ciò rinsaldò ancor più il legame del poeta latino con Napoli: per molti secoli successivi Virgilio fu infatti considerato un protettore "pagano" della città.


Una notte di luglio del 1370 il castello fu schiaffeggiato da forti raffiche di libeccio, le quali agitarono il mare al punto che le onde, ingrandendosi, sfondarono alcuni punti del castello corrispondenti alle segrete, facendo crollare la parte occidentale del maniero con un boato udito dall'intera città. In seguito al crollo un prigioniero di nome Antonio Visconti riuscì ad evadere dalla sua cella, e nella fuga riuscì a trovare il luogo misterioso in cui era nascosto il potente manufatto, urtando la gabbia e rompendo l'uovo magico. Il popolo impazzì di terrore: le persone erano a tal punto convinte della protezione dell'uovo che iniziarono a temere il peggio, creando forte agitazione. Questo clima di paura spinse la regina Giovanna I d'Angiò a rassicurare gli abitanti, dicendo che lei stessa aveva provveduto a sostituire l'amuleto con un altro uovo altrettanto magico, così da non interrompere l'incantesimo. Fece altresì apporre una lapide recante una misteriosa epigrafe: "OVO MIRA NOVO SIC OVO NON TUBER OVO DORICA CASTRA CLUENS TUTOR TEMERARE TIMETO", della quale purtroppo oggi non si sa più nulla. In tantissimi si sono interrogati sul suo significato, che è sembrata a lungo qualcosa a cavallo tra la rassicurazione e l'irrisione della credenza popolare. L'interpretazione più largamente condivisa è quella dello studioso Renato De Falco, ossia: «Plaudo al novello uovo; così, non considerandolo un tubero, difendo con l'uovo i mirabili castelli dorici. Temerai di violarli!». In questo modo la frase sarebbe un'ammonizione e un avvertimento contro i nemici della città che vorrebbero sminuire e deridere questa nota leggenda.


È giusto dire, per correttezza, che non vi sono fonti storiche attendibili in grado di dimostrare l'esistenza di tale uovo. Tuttavia, vi è uno scritto del 1194 di Corrado di Querfurt, cancelliere di Arrigo VI e rappresentante di quest'ultimo a Napoli e in Sicilia, in cui il funzionario racconta del suo viaggio nel capoluogo campano e delle leggende tramandate dal popolo, soffermandosi in particolare proprio sulla leggenda dell'uovo di Virgilio. Nel riportare il racconto parla di un oggetto ben specifico nascosto in una caraffa: un modello in miniatura della città, proprio quel palladio che vi ho citato all'inizio del pezzo.


Secondo questa versione l'uovo non sarebbe dunque reale, ma un simbolo: molti studiosi, tenendo conto degli studi di alchimia ed esoterismo, hanno identificato l'uovo con Athanor, un oggetto usato dagli alchimisti per la trasformazione della materia da cui trarre la Pietra dei Filosofi. Tale Athanor presentava un contenitore proprio a forma di uovo: ciò andava a simboleggiare il cammino spirituale dell'alchimista stesso, e permetteva inoltre all'amuleto di riallacciarsi a tutta quella mitologia mondiale che lega proprio l'uovo cosmico al mito della creazione. Virgilio dunque voleva probabilmente lasciare ai Napoletani non un semplice uovo magico, ma un messaggio in codice, anticipando e aprendo la strada alla fertile attività medievale della scuola ermetica del luogo. Purtroppo, le pergamene del poeta inerenti gli studi di alchimia furono rubate dalla sua tomba da un medico inglese durante l'assedio di Ruggiero il Normanno, lasciando così un grande interrogativo sul conto di questo enigmatico uovo.


Un'ultima chicca: alcuni affermano che il punto in cui sarebbe custodito l'uovo magico coincide con l'ipogeo in cui fu sepolta la sirena Partenope, intrecciando leggende latine e greche a storie esoteriche e chissà quanto altro. Ciò non fa che aggiungere fascino e mistero a questa incredibile leggenda, di cui probabilmente è stata semplicemente grattata la superficie, e che forse nasconde segreti ancora più grandi…

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