Pesci
- Grazia Manfellotto
- 20 mag
- Tempo di lettura: 4 min

Sebbene le leggende più note sui Pesci siano legate a divinità greche, è opinione diffusa che in origine siano nate dai Babilonesi. A questi ultimi, infatti, è legata anche l’individuazione della costellazione stessa: essa era il risultato dell’unione di due asterismi, ossia di piccoli raggruppamenti di stelle che è possibile trovare all'interno di una costellazione. I due asterismi in questione rappresentavano i due pesci ed erano tenuti insieme da una “corda” (un’altra parte della costellazione), che ancora oggi ritroviamo nelle illustrazioni più diffuse del segno. Quest’anima “doppia” del segno sarebbe legata, tra le altre cose, al fatto di essere a metà tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera: non a caso infatti i Pesci sono l’ultimo segno dello zodiaco, precedendo l’Ariete e dando quindi il via a un nuovo ciclo della natura.
Il tema della nascita era presente anche in altre costellazioni, sempre dell’epoca dei Babilonesi: secondo alcuni esse erano adiacenti a quelle sopracitate, secondo altri coincidevano. In ogni caso, tali costellazioni erano conosciute con i seguenti nomi: Anunitum, la Rondine e il Campo, e andavano a rappresentare il mito forse più importante della stagione, quello della “Dea Siriana”. In cosa consisteva tale racconto? Nelle acque profonde del fiume Eufrate due pesci trovarono un enorme uovo. Per salvarlo decisero di portarlo in superficie e poggiarlo sulla terraferma. Qui apparve una colomba, che cominciò a covarlo. Quando arrivò il momento, l’uovo si schiuse, dando così vita ad Atargatis, probabilmente la dea più importante della Siria settentrionale nell’antichità, con le sembianze di una Sirena. Da allora, i pesci e gli uccelli divennero animali sacri e cari alla dea in questione. In alcune versioni del mito, i guardiani che custodivano l’uovo erano figure mitiche metà pesci, metà uomini, di nome Aphros e Bythos. Atargatis era nota presso i Greci anche con il nome Derceto (o Derketo), e fu poi assimilata da questi ultimi alla dea Afrodite, spianando così la strada alle versioni greche del mito, dove in una di essi sono coinvolti proprio Afrodite e Eros.
La leggenda in questione si svolge sulle sponde dell’Eufrate (alcuni dicono invece del Nilo), e questo dettaglio già ci dimostra il legame con le origini babilonesi. L’episodio in questione è molto antico, di poco successivo alla vittoria degli Dèi su Titani e Giganti, e narra di Gea che, in seguito all’accoppiamento con Tartaro, dà luce a una creatura mostruosa e spaventosa, di nome Tifone. La sua descrizione era raccapricciante: dotato di molteplici teste di drago, i suoi occhi lanciavano fiamme, e dalle cento bocche fuoriuscivano suoni bestiali e minacciosi. La madre lo mandò all’attacco delle divinità, per spaventarle. Il primo ad avvistare il mostro e ad avvisare tutti gli altri fu Pan, rappresentato come metà uomo metà capra e divenuto poi la costellazione del Capricorno, dimostrando un’ulteriore eredità dei Babilonesi. La maggior parte degli dèi, per scampare il pericolo, decise di trasformarsi in vari animali, recandosi in luoghi lontani, quali l’Egitto, la Siria, la Babilonia appunto. La dea Afrodite decise di nascondersi, con suo figlio Eros, tra la vegetazione situata sulle sponde dell’Eufrate, ma quando il vento soffiò tra le foglie della boscaglia ella si spaventò, lanciandosi nel fiume con suo figlio in grembo. Il finale della storia presenta più versioni: secondo la prima, Afrodite e Eros furono salvati da due pesci che, uscendo dall’acqua, portarono i due fuggitivi sul loro dorso, salvandoli; un’altra ancora afferma invece che i due pesci erano in realtà proprio Afrodite e Eros, tramutatisi per sfuggire al mostro. Infine, secondo il racconto di Igino nelle “Fabulae”, a cadere nel fiume fu un uovo, salvato da due pesci che lo spinsero sulle sponde. Tale uovo fu poi covato da alcune colombe, si schiuse e diede alla luce Afrodite. La dea, in segno di gratitudine, decise quindi di omaggiare i Pesci dedicando loro una costellazione.
Un altro mito legato ai Pesci è quello di Cassiopea. Sposa di Cefeo, fu Regina d’Etiopia, donna incredibilmente bella e punita per la sua arroganza. La sua vanità le fece infatti affermare con convinzione di essere più bella di Venere e delle Nereidi, le ninfe marine. Cotanta presunzione scatenò l’ira di Poseidone, che mandò una tremenda alluvione e un mostro marino per distruggere il suo regno e punire la sua superbia. Pentita, Cassiopea chiese a un oracolo una soluzione per porre fine al castigo, e il responso fu terribile: doveva infatti offrire in sacrificio sua figlia Andromeda, lasciandola incatenata a una scogliera e in balia del mostro inviato da Poseidone. Tuttavia la giovane, con la sua bellezza, aveva fatto capitolare il coraggioso Perseo, che uccise il mostro e liberò Andromeda, sposandola. Secondo alcuni, la costellazione dei Pesci rappresenterebbe proprio lo scheletro del mostro marino sconfitto dal giovane eroe.
Va detto che il simbolo del Pesce conobbe grande diffusione anche durante il periodo del Cristianesimo. La parola “Pesce” in greco antico si scriveva infatti “ichthýs”, e divenne un acronimo (o un acrostico) usato dai primi Cristiani per indicare le chiese o i luoghi sicuri e adottare una sorta di “comunicazione in codice” così da sfuggire alle persecuzioni. Il simbolo del pesce non è casuale, vista la funzione salvifica attribuita a Gesù e la presenza dell’animale sia in episodi più antichi, presenti nel Libro di Giona e nel Libro di Tobia, sia del Nuovo Testamento (la moltiplicazione dei pani e dei pesci). Gli stessi Cristiani si consideravano dei pesci salvati dall’acqua del Battesimo.
Secondo la psicologia, il pesce è considerato l’archetipo di una grande e profonda verità, dapprima celata dall’acqua, e in seguito -dopo un’integrazione degli opposti e delle contraddizioni- può giungere alla luce ed essere rivelata. Questa visione ben si sposa con l’interpretazione di tale concetto nelle altre culture e religioni: basti pensare all’Uroboro, il serpente che si morde la coda e indica così un ciclo continuo, senza inizio né fine, o il Tao, chiamato anche “simbolo dello yin e yang”, che rappresenta il divenire, l’energia universale che si autorigenera e che nasce dalla fusione di due estremi opposti.
Riguardo i Tarocchi, c’è chi identifica i Pesci sia con la Luna che con L’Appeso: in entrambi i casi emergono una forte empatia e una grande sensibilità, entrambe considerate caratteristiche del segno zodiacale, assieme a uno spiccato senso artistico e un forte misticismo. Un animo così delicato e sensibile molto spesso rischia di essere quasi danneggiato dal farsi carico delle emozioni altrui, e l’unica soluzione sembra quindi essere un’accettazione filosofica del fluire della vita e degli eventi.



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