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Le leggenda dei Cinque Confini


Spada nella roccia

Per questo articolo siamo sul Monte Terminillo, nel Lazio, alla ricerca di una spada che è possibile trovare percorrendo il "Sentiero del Planetario". La spada di oggi non è legata ad Artù o alla Materia Britannica, bensì ai Cavalieri Templari, e la storia ad essa correlata ha donato un'aura di leggenda al posto stesso che la ospita, ossia la località dei Cinque Confini. Tale luogo è ancora oggi il confine amministrativo di vari Comuni, per la precisione Rieti, Cittaducale, Micigliano, Borgo Velino e Castel Sant'Angelo.


Qual è la storia affascinante che si cela dietro questo nome? Pare che alle pendici del Terminillo, nel dicembre del 1307, si fossero accampati cinque Cavalieri Templari, precisamente Guy de La Roche, Maresciallo del Tempio di origine francese e quattro suoi confratelli. Il nome del Monte deriva dal fatto che all'epoca tale luogo fosse il confine, quindi il termine, tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli.


Per quanto riguarda invece il famoso ordine religioso-militare dei Cavalieri Templari, esso era stato fondato nel 1119, e ancora oggi pare ne siano rimaste parecchie tracce lungo gli Appennini. L'ordine crebbe negli anni, acquisendo sempre più ricchezza e potere, e fu probabilmente per questo che attirò le inimicizie del Re di Francia Filippo IV, detto "Il Bello", il quale decise di perseguitarne gli esponenti per requisirne i beni. Il processo ai danni dei Templari cominciò proprio nel 1307; a ciò si aggiunse la decisione di Papa Clemente V che scelse di non schierarsi a favore dei Templari, optando per la sospensione dell'Ordine e non per la sua condanna, così da evitare scontri con la corona francese. Alla luce di questo, è possibile dunque capire il motivo che spinse i cinque confratelli a darsi alla fuga nel tentativo di nascondersi.


Consapevoli che non sarebbero riusciti a sfuggire al loro destino, ormai segnato da tali decisioni, pensarono di attendere il 21 dicembre, giorno del solstizio di inverno tradizionalmente dedicato alle cerimonie di investitura, per separarsi in maniera definitiva. Il rito fu condotto proprio da Guy de La Roche, che dapprima conficcò la sua spada in una roccia e si rivolse a Dio invocando la Sua giustizia, sciolse poi gli altri Cavalieri dal giuramento dell'Ordine, e rivolse un ultimo saluto ai suoi confratelli. Ognuno di loro sotterrò il proprio mantello e intraprese una direzione differente dagli altri, giurando di non rivelare mai la propria identità.


Stando alla leggenda che ha dato poi il nome al luogo, i cinque ex Cavalieri restarono nelle vicinanze. Tre su cinque si nascosero nelle comunità di Micigliano, Castel Sant'Angelo e Borgo Velino. Un altro, sembra al servizio di Carlo d'Angiò, collaborò alla fondazione di Cittaducale. L'ultimo, Guy de la Roche, si riparò nella "Chiesa Foresta", o almeno è questo il nome che l'ex Templare nel suo testamento attribuì al posto, donando anche il nome all'attuale Pian di Rosce. Egli si riferiva probabilmente all'attuale santuario di Santa Maria della Foresta, nelle vicinanze di Rieti, ed è qui che, col nome di Fra' Bernardo, scelse di trascorrere il resto dei suoi giorni. Pur avendo preso parte al giuramento, nessuno dei cinque uomini aveva in realtà dimenticato i suoi confratelli. Fu per questo che ogni anno, di 21 dicembre, decisero di reincontrarsi intorno alla spada conficcata da Guy, fino alla loro morte.


Stando alla leggenda, fin quando la spada resterà conficcata nella roccia le cinque località menzionate sarebbero una vera e propria fortezza protetta dall'Ordine, restando unite e impossibili da conquistare, protette da una forza possente e quasi "magica". Questa stessa energia donerebbe alla spada poteri benevoli, in quanto secondo le narrazioni locali basta sostare nelle sue vicinanze, senza neppure toccarla, per essere investititi dalla buona sorte. È giusto specificare che secondo alcuni studi la spada attuale non è quella originale, in quanto la lama non sarebbe riuscita a sopravvivere agli agenti atmosferici. Attualmente quindi ci si ritrova dinanzi a una fedele riproduzione, di cui purtroppo non si conosce la datazione precisa. Per fortuna è possibile leggere l'iscrizione che essa riporta, così da immergersi ancor di più nel racconto: la parola "INIO", sigla di "In Nomine Iesu Omnipotentis", e la data dell'avvenimento, ossia A.D. 1307. Capiamo da queste parole che la spada voleva probabilmente essere un simbolo, una dimostrazione della fedeltà dei Cavalieri alla loro Fede e al contempo un messaggio di speranza, di augurio verso una possibile riconciliazione. Tutte queste informazioni sono state tratte sempre dal Testamento di Fra' Bernardo, di cui vi riporto il testo:


"Io Bernardo, che fui Guido de' Roche di Francia de' duchi di Grecia, nell'anno 74 di mia vita, ne' l'ora di verità, che per volontà del Signore mio fui povero compagno d'armi di Cristo e del tempio di Salomone e co' li mie confratelli fugendo sopra li Monti di Rieti. Vedemmo l'orore e furia del boia del Re di Francia. Ne' la neve, pregammo pei' fratelli, pel tradimento de' lo Papa indegno. Ora sorella morte si appressa su questo sajo di povero frate, tengo il segno di Francesco pel mano, ne' la chiesa Foresta, ove trovai lo rifugio e lo nome novo di Bernardo. Che' soffio di vita mia, torni a chi dette. Lo pensiero a li confrateli che già stanno nel Signore e mandai a' quattro venti ne' lo giorno di Santo Giovanni. Tenni per me, la via stretta di frate Francesco che sola acquietava mio core. Lascio lo sajo ai frati, lo corpo a madre terra e spirito mio a la Spada di pace al monte. Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam."


Con queste toccanti parole chiudo il pezzo, donandovi un'ultima informazione tratta dalla leggenda: pare infatti che il 21 dicembre di ogni anno, proprio nei pressi della Spada, si percepisca ancora lo spirito dei valorosi Cavalieri…

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