La Masca
- Alla scoperta del mito
- 20 apr
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Appartenenti al folclore piemontese, le masche sono in genere donne apparentemente normali, ma che nascondono facoltà sovrannaturali che si tramandano di madre in figlia o da nonna a nipote, o in alternativa per lascito volontario a una giovane donna.
La prima comparsa del termine masca negli atti ufficiali risale all’Editto di Rotari del 643 che riporta: "strigam, quam dicunt Mascam" cioè "strega, che chiamano Masca."
Pare esistessero due tipi di masche, quella "domestica", che viveva una vita tranquilla e formava una famiglia "nascondendosi" in mezzo alla gente comune, e quella "selvatica", che viveva nei boschi, in quasi totale solitudine, e che diventava estremamente vendicativa con chiunque violasse il suo habitat.
Si riteneva fossero immortali, pur tuttavia non disponendo dell'eterna giovinezza, condannate in questo modo a invecchiare e a soffrire i comuni problemi dell'anzianità umana.
Erano inoltre in grado di controllare il clima, di trasformarsi in animali e oggetti, e di poter far uscire l'anima dal corpo e spostarsi quindi senza farlo materialmente, e agivano soprattutto di notte, momento in cui secondo la leggenda si incontravano in convegno con diavoli e demoni in un castagneto nei pressi di Rivara.
Le masche potevano decidere di lasciare in eredità i loro poteri, ma per farlo dovevano rinunciare all'immortalità.
Stringendo questo patto, infatti, la masca diventava mortale e al momento del decesso lasciava un oggetto (un gomitolo di lana, una scopa, un libro, ecc) intriso dei suoi poteri, che sarebbero passati al successivo possessore di quell'oggetto.
In alcune località, soprattutto tra la bassa Langa e l'Astesana, accanto alle masche esistono anche i "masconi", sia pure in numero esiguo.
Questi "masconi" hanno ricevuto i poteri casualmente da una masca in fin di vita, ma non lo possono trasmettere ad altri: ciò spiegherebbe perché le masche appartengano al sesso femminile nella stragrande maggioranza dei casi.
Per difendersi dai poteri di una masca bisognava portare al collo un sacchetto con sale triturato, o mettere una scopa sul focolare, oltre al classico metodo dello spargere granelli di sale o fili di saggina sull'uscio, in modo da far perdere l'intera nottata alla masca costretta a soccombere all'impulso di contarli.
Ancor oggi è di uso comune in Piemonte commentare scherzosamente la caduta "soprannaturale" di oggetti (ad esempio una forchetta che cade dalla tavola), o la temporanea scomparsa di oggetti, con l'espressione "A-i é le masche" ("Ci sono le masche").
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