La Dòna del Zoch
- Alla scoperta del mito
- 19 apr
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La dòna del zöch, o in italiano "la donna del gioco", è un personaggio che ha riempito la fantasia e le memorie di svariate generazioni di giovani bergamaschi.
Rappresentata come una donna molto alta, dai capelli arruffati e vestita con lunghe gonne nere e uno scialle a frange larghe, la dòna del zöch era anche a volte accompagnata da quaranta cani bianchi, o da sette gatti che portavano al collo dei piccoli sonagli.
Secondo la leggenda appariva spesso al crepuscolo e vagava per le vallate bergamasche a una velocità impressionante lanciando grida stridule e facendo prendere grossi spaventi a chiunque fosse così sfortunato da incontrarla.
E di fatto sono in pochi a testimoniare di averla vista, e ancora meno quelli che hanno avuto il coraggio di rivolgerle parola, cosa per la quale si veniva puniti ricevendo in testa un mastello pieno di acqua gelida.
Pare che spaventasse soprattutto gli ubriachi usciti a tarda notte dalle osterie e che bagnasse da capo a piedi le lavandaie.
Scendendo nel dettaglio delle varie storie che hanno alimentato la fama della dòna del zöch, la prima la vede fermare un uomo che vagava ubriaco e chiedergli "Per chi éla la nòcc?" (Per chi è la notte?), con questi che nonostante i fumi dell'alcol risponde prontamente "Per mé, per tè e per chèi che pöl miga ‘ndà ‘ntùren del dé" (Per me, per te, e per tutti quelli che non possono andare in giro di giorno), riuscendo così a compiacere lo spirito che vola via ridacchiando.
Sorte molto diversa invece per un uomo di Serina, anche lui ubriaco, che incontrò la dòna su un piccolo ponte. Stavolta lo spirito aveva degli abiti molto belli e seducenti e attirò a sé l'uomo che le andò incontro per abbracciarla. Tuttavia, la dòna iniziò a crescere in maniera smisurata fino a raggiungere il cielo in altezza e poi scomparire. Il malcapitato, ormai lanciato verso di lei, le passò inevitabilmente sotto le gambe divaricate, e in preda a un indicibile spavento non poté far altro che scappare via mentre la dòna lo derideva dall'alto colpendolo di tanto in tanto con monete d'oro.
In realtà la dòna non recò mai vero e proprio danno a nessuno, era uno spirito prettamente goliardico ed era solito scherzare con le donne che lavavano i panni alla fontana pubblica bagnandole dalla testa ai piedi.
Molto spesso anche a loro faceva la domanda già citata sulla notte, e alle poche che non conoscevano la risposta giusta tirava addosso i panni bagnati.
Per quanto riguarda l'origine del nome è possibile che discenda dalla parola bergamasca "löch" (luogo), diventata poi prima "döch" (luogo e gioco) e poi "zöch" (gioco).
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