top of page

Il Rondò della Forca


Rondò della Forca

Torino è davvero una città che non smette mai di stupire. Oltre ai numerosi luoghi ricchi di cultura, è famosa per essere il vertice di ben due triangoli esoterici e magici, e in quanto tale, è zeppa di posti che suscitano la curiosità di tanti turisti. Tale premessa è doverosa se si vuole provare a comprendere un po' meglio l'argomento del post di oggi: il Rondò della Forca.


La prima stranezza di questo luogo che si trova a pochi passi da Piazza Statuto (considerata il simbolo per eccellenza della magia nera sabauda), è che il Comune di Torino non ha mai assegnato questo nome, eppure tutti i residenti lo conoscono così. Più esattamente, il punto preciso è una rotonda, risultato della confluenza degli attuali corsi Valdocco, Principe Eugenio e Regina Margherita con via Cigna. Il suo nome è legato a una pratica assai diffusa nel passato, sebbene poco simpatica: qui, tra il 1835 e 1853 venivano impiccati i condannati. Non è sempre stato così: in precedenza la forca fu spostata varie volte, in alcuni momenti fu collocata anche sulla riva prima del Po e poi della Dora, fino ad essere sostituita dalla ghigliottina durante gli anni dell'occupazione francese.


Ma torniamo alla zona in questione.


Pare che fosse stata scelta per le esecuzioni perché già il nome dell'attuale Corso Valdocco deriverebbe dal latino Vallis Occisorum, stando a indicare che già in passato in quel luogo si compissero gesti simili. Inoltre a quel tempo era più decentrata, con uno slargo non ancora urbanizzato e delimitato da parecchi alberi. Questa struttura le permetteva di assolvere due funzioni: gli alberi facevano quasi da "protezione", visto lo spettacolo poco felice che si teneva ogni volta, e al contempo, lo spazio disponibile permetteva di ospitare tutte le persone che, richiamate dalle campane a morto, accorrevano per assistere alle esecuzioni.


Il condannato di turno era sottoposto a una duplice mortificazione: non solo veniva insultato lungo il percorso verso la forca dalle persone che si riunivano per assistere all'esecuzione, ma le stesse avevano anche la macabra usanza di contare il numero di giri fatti dal corpo dell'impiccato prima che questi si fermasse, per poi giocarli al lotto.


Tuttavia, non era solo il condannato a ricevere offese e insulti. Anche alla figura del boia era riservato odio in virtù del lavoro che eseguiva. In particolare cominciò a circolare l'abitudine da parte dei panettieri, di porgere alla moglie del boia il pane al contrario, ossia capovolto, come segno di disprezzo nei confronti del mestiere del marito, e anche perché così potevano dare loro il pezzo di pane peggiore.


In seguito a un editto che vietava di porgere il pane in quel modo, fu inventato un pane dalla forma quadrata, in modo da poter aggirare la legge e poterlo servire sempre al contrario, senza suscitare scontento o lamentele e continuando a esprimere il proprio disdegno. Tale prodotto fu chiamato pancarrè, proprio quello che troviamo e usiamo ancora oggi sulle nostre tavole, e chissà in quanti già sapevano che ha avuto origine dalle impiccagioni!


Ad oggi cosa resta del Rondò della Forca?


Una statua, un monumento dedicato a Don Giuseppe Cafasso, considerato proprio il prete degli impiccati perché negli stessi anni del Rondò confortava i condannati accompagnandoli al patibolo.

Comentarios


Donazione
1 €
5 €
10 €
20 €
50 €
100 €
bottom of page