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Il coccodrillo del Maschio Angioino


Coccodrillo maschio angioino

Oggi ci troviamo in una delle fortezze più conosciute di Napoli: il Maschio Angioino. Noto anche come Castel Nuovo, la sua costruzione risale al XIII secolo e fu fortemente voluta da Carlo I d’Angiò, il quale stabilì il trasferimento della capitale del suo Regno da Palermo alla città partenopea scegliendo appunto di edificare il maniero in questione. Oggi, nello specifico, ci troviamo nelle sue segrete, alla scoperta di una leggenda che coinvolge addirittura…un coccodrillo!


I sotterranei del castello erano infatti organizzati in due zone: una era la Prigione dei Baroni (e di questa ce ne occuperemo un’altra volta), mentre l’altra portava il nome di “Fossa del miglio”, perché usata in un primo momento come deposito del grano. Successivamente, essa cominciò a ricoprire anche il ruolo di cella di detenzione: vi venivano infatti rinchiusi i prigionieri condannati alle pene più severe.


È probabilmente in seguito a questo impiego che divenne nota anche come “Fossa del coccodrillo”, perché ogni qualvolta che i detenuti vi venivano rinchiusi, essi sparivano misteriosamente nel giro di poche ore. Temendo in una loro fuga attraverso aperture o cunicoli misteriosi e sconosciuti, si pensò quindi di aumentare la sorveglianza dei reclusi, così da poter intervenire di conseguenza. Ebbene, con enorme sorpresa si apprese che da un varco nei sotterranei entrava un coccodrillo, che attaccava alla gamba i vari prigionieri per poi trascinarli in mare e divorarli. In seguito a questa scoperta, crudelmente i regnanti cominciarono ad “approfittare” della presenza dell’animale per poter condannare a morte quelle persone che volevano far scomparire senza che potessero restare tracce. Quando il rettile non fu più ritenuto utile si pensò di ucciderlo, adescandolo con una grande coscia di cavallo avvelenata. Una volta senza vita, il corpo del coccodrillo venne impagliato, per poi essere esposto sulla porta d’ingresso del castello.


Un’altra versione della leggenda, reputata più credibile anche dalle ricerche più recenti, è stata invece fornita nel 1685 da uno storico e vescovo italiano, Pompeo Sarnelli. Secondo lo studioso, l’animale impagliato era stato portato a Napoli da un soldato al suo ritorno dall’Egitto, offerto come ex voto alla Madonna del Parto situata nella Cappella Palatina del Castel Nuovo. La salma del rettile rimase esposta all’entrata della fortezza fino agli ultimi decenni del 1800, per poi essere custodita al Museo della Certosa di San Martino. Un’ulteriore testimonianza riguardo la sua collocazione può essere ritrovata in un dipinto di Achille Vianelli, pittore vicino alla Scuola di Posillipo, che in uno dei suoi dipinti riguardanti le vedute più celebri della città ha ritratto proprio la salma del coccodrillo appeso sopra l’arco d’ingresso del Castello.

Qualche anno fa un team di esperti ha svolto delle analisi sul DNA del coccodrillo, e dai risultati ottenuti è stato possibile confermare che effettivamente l’animale proveniva dalla zona corrispondente all’attuale lago Nasser in Egitto, e pare che abbia vissuto in un periodo compreso tra la fine del 1200 e i primi decenni del 1400.

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