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Acquario


Acquario

Da un punto di vista astronomico, la costellazione in questione è di grandi dimensioni ma dotata di stelle poco luminose. L’aspetto interessante è la forma che tali stelle vanno a comporre, creando una sorta di “cascata”, come se rappresentasse davvero l’acqua che zampilla da un vaso. Proprio questa caratteristica ha fornito l’ispirazione per l’Aquario (spesso scritto anche “Acquario” con la c), la cui origine in latino “aquarium” significa proprio “portatore d’acqua”, elemento che ritroveremo nei miti di cui vi parlerò.


Anche stavolta cominciamo dal mito probabilmente più conosciuto, diffusosi nella cultura greca e latina. Stando a tali mitologie, l’Aquario era identificabile con Ganimede, considerato il ragazzo più bello mai esistito e figlio di Troo, il primo re della città di Troia. La sua bellezza era tale da colpire persino Zeus: un giorno, mentre Ganimede teneva d’occhio il gregge di Troo, il padre degli dèi si invaghì del ragazzo. Si trasformò quindi in aquila, rapendo il giovane pastore e portandolo con sé sull’Olimpo. (un’altra versione dice invece che Zeus inviò un’aquila che rubasse il fanciullo al suo posto). Un altro mito dice invece che la prima a innamorarsi di Ganimede sia stata Eos, dea greca dell’alba corrispondente all’Aurora romana, e Zeus lo sottrasse alla dea solo in un secondo momento. A prescindere dalle varie declinazioni del mito greco in questione, ciò su cui tutte le versioni concordano è il ruolo che Ganimede cominciò a svolgere una volta stabilitosi nell’Olimpo, ossia quello del mescitore, colui che versava il famoso nettare agli dèi. Più nello specifico, secondo Ovidio questa bevanda tanto fondamentale per gli abitanti dell’Olimpo era una mistura di nettare e acqua, e ciò confermerebbe l’origine della parola stessa “aquarium”.


Spostandoci verso la cultura romana troviamo invece due varianti, dove ancora una volta ricorre il concetto di “portatore d’acqua”. Secondo il politico e militare Germanico Cesare, l’Aquario sarebbe identificabile con Deucalione, figlio di Prometeo, noto anche per il mito di Deucalione e Pirra, nonché l’unico a salvarsi da uno sterminio deciso da Zeus. Quest’ultimo, infatti, deluso dalla corruzione degli umani pensò di sterminarli con un diluvio potentissimo e ineluttabile. Deucalione venne a sapere del piano da suo padre Prometeo, che suggerì al figlio di costruire un’arca così da poter salvare sé stesso e sua moglie Pirra. Dopo giorni di tempesta, l’arca arrivò sul monte Parnaso, e Zeus, colpito dalla resistenza dei due coniugi, decise di esaudire un loro desiderio. Deucalione chiese quindi di dare agli umani una seconda possibilità, facendo nascere una nuova generazione sulla terra. Il padre degli dèi acconsentì, dicendo agli sposi di camminare e raccogliere le pietre incontrate lungo il percorso, gettandole alle loro spalle. Da tali massi nacquero a poco a poco nuovi esseri umani, che permisero così la continuità della specie.


Anche nel caso della costellazione dell’Aquario, com’è facile intuire, vi è un’origine più antica dei Greci e dei Romani, risalente alla cultura mesopotamica. Vi è infatti l’identificazione tra l’Aquario e Enki, divinità mesopotamica della creazione, della conoscenza e dell’acqua, e probabilmente per questo collegato ai diluvi e alle inondazioni. In epoca accadica Enki divenne noto come Ea, anch’egli divinità fondamentale del Pantheon babilonese. Egli è considerato il Signore delle acque primordiali e profonde, e il maggior rappresentante della sapienza nascosta in tali abissi. Questo legame con la conoscenza secondo alcuni è ritrovabile, nella versione greca, nella presenza del nettare, il quale indicava proprio quella sapienza che avvicina a uno stato divino. Ricorre in ogni caso l’importanza dell’acqua, fondamentale perché rendeva fertile l’intera regione della “Mezzaluna Fertile”. Alcuni storici affermano infatti che tale concetto sia stato assorbito anche dagli Egizi, che identificavano l’Aquario con Hapi, divinità androgina che incarnava la fecondità dell'inondazione del fiume Nilo. Questa idea di provvidenza e quindi di fortuna ricorre anche nei nomi stessi della costellazione, che spesso cominciano con “Sad”, parola che in arabo (scritta sa’d) significa proprio “fortuna”, “felicità”, “successo”, e quindi prosperità.

Chiudiamo come sempre con la carta dei Tarocchi dedicata al segno.


Nel caso dell’Aquario la Lama in questione è l’Arcano Maggiore della Stella, raffigurata nei Raider Waite da una donna inginocchiata presso un piccolo lago con due brocche tra le mani. Una di esse versa un liquido nell’acqua, mentre l’altra innaffia il terreno circostante. Questa azione di versare il liquido verso i due elementi rappresenterebbe la capacità, e quindi la conoscenza e la sapienza che permettono l’accesso a un Sapere più elevato. Ben rappresenta quindi l’idea che anche le popolazioni più antiche avevano dell’Aquario, ossia l’arrivo di una buona notizia, di un desiderio esaudito, di una Provvidenza inaspettata e prospera. Ciò spiegherebbe anche il motivo per cui, pur chiamandosi Aquario, non fa parte dei segni d’acqua bensì di quelli d’aria: perché rappresenterebbe la lungimiranza, la curiosità e l’apertura al nuovo e al futuro, visti con speranza e ottimismo, tipici dell’elemento aria.

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