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Tiberio Claudio Pompeiano



Tiberio Claudio Pompeiano

Genero e tra i consiglieri più fidati dell'imperatore Marco Aurelio, Tiberio Claudio Pompeiano è rimasto alla storia per aver rifiutato ben tre volte il ruolo di imperatore di Roma.

Nato ad Antiochia, in Siria, intorno al 130 d.C., Pompeiano era figlio di un membro di alto rango dell'ordine equestre, che col tempo e come riconoscimento per le sue imprese riuscì a ottenere la cittadinanza romana per Pompeiano.

Intorno al 161 d.C., Pompeiano emerse durante la guerra romano-partica, sotto il comando dell'imperatore Lucio Vero, che governava insieme a Marco Aurelio.

Il suo straordinario servizio lo portò fino alla carica di Senatore prima e Console poi.

Essendosi guadagnato la fiducia di Marco Aurelio, Pompeiano fu nominato governatore militare della Pannonia Inferiore, e dal 164 al 168 affrontò una grande sfida quando un'invasione longobarda fu seguita in rapida successione da una ancora più minacciosa dei Marcomanni.

La sua vittoria sui barbari lo distinse come leader militare, e divenne ben presto uno dei consiglieri più fidati di Marco Aurelio.


Nel 169 Lucio Vero si ammalò gravemente e morì, lasciando vedova la figlia di Marco Aurelio, Lucilla.

La ragazza, ancora ventunenne, fu data in matrimonio a Pompeiano, consolidando così la sua posizione e legandolo ancora di più alla dinastia nerva-antonina.

La fiducia di Marco Aurelio in Pompeiano divenne tale che l'imperatore gli offrì di diventare Cesare ed erede, ma Pompeiano rifiutò l'offerta, scegliendo di continuare a servire come generale.

E questo fu il primo dei tre rifiuti di Pompeiano di diventare imperatore.


Un decennio dopo, nel 180, Marco Aurelio morì, e al suo posto salì al trono Commodo, solo diciottenne.

In quanto esperto generale, Pompeiano tentò di consigliare Commodo riguardo la conquista dei Marcomanni, ma il giovane imperatore aveva poco interesse nel continuare la guerra e decise di stringere una pace.

Due anni dopo, Commodo affrontò una cospirazione guidata da sua sorella Lucilla, che però fallì.

Lucilla venne giustiziata insieme ad altri cospiratori e poiché non vi erano prove della partecipazione di Pompeiano al complotto, la sua vita fu risparmiata.

Dopo questo avvenimento, Pompeiano si ritirò dalla vita pubblica sostenendo di essere ormai vecchio e mezzo cieco, cercando così riparo da eventuali ritorsioni e da una crescente instabilità politica.


Quando Commodo morì, nel 192, Pompeiano tornò a Roma e riprese il suo posto al Senato.

Pertinace, allora prefetto urbano, gli offrì il trono, ma Pompeiano sorprese tutti rifiutando per la seconda volta, mostrando grande resistenza alla tentazione del potere.

Pertinace approfittò della situazione e accettò di essere proclamato imperatore, ma finì per essere ucciso dalla guardia pretoriana solo ottantasette giorni dopo.

Fu allora che Didio Giuliano, dopo aver corrotto i pretoriani per salire al trono, chiese a Pompeiano di diventare co-imperatore, ma Pompeiano rifiutò per la terza volta il ruolo dicendo di essere vecchio e non adatto al ruolo.

Evidentemente ci vide lungo, visto che il primo giugno 193 i senatori fecero entrare dei soldati nel Palazzo imperiale per assassinare Didio Giuliano.


Pompeiano quindi, prevedendo l'enorme instabilità il crescente caos politico, decise di ritirarsi per sempre dalla politica andando via da Roma e vivendo il resto della sua vita tranquillo e senza pensieri.


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