Galvarino mani di lama
- Alla scoperta del mito

- 15 mag
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Nel 1557 ebbe luogo un lungo conflitto noto col nome di guerra d'Arauco, combattuto tra gli invasori spagnoli e la tribù dei Mapuche tenutosi nelle terre ora appartenenti al Cile.
Durante la battaglia di Lagunillas le perdite dei Mapuche furono ingenti, oltre trecento morti (a fronte di soli due spagnoli uccisi) e circa centocinquanta prigionieri.
Tra questi c'era un giovane capotribù di nome Galvarino.
Insieme ai suoi uomini, Galvarino venne portato all'accampamento spagnolo dove venne condannato per insurrezione.
La pena venne inflitta direttamente dal governatore spagnolo Mendoza, che decretò per Galvarino il taglio di entrambe le mani.
Mendoza sperava così di instillare terrore nella tribù dei Mapuche, forzandoli alla resa.
Le cose però non andarono come sperava, e la guerra durò per oltre un secolo.
Secondo la tradizione Mapuche, Galvarino tornò eroicamente tra la sua gente, alla quale avrebbe dovuto sottoporre la richiesta di resa inviata dagli spagnoli.
Una volta lì però, Galvarino non perse tempo e chiamò a raccolta tutti gli indigeni per una nuova offensiva contro gli spagnoli, chiedendo giustizia e vendetta per le mutilazioni subite.
Ispirati dall'immenso coraggio del giovane, gli indigeni proclamarono Galvarino comandante dell'attacco e si prepararono all'ennesima battaglia.
Galvarino però non voleva essere solo lo stratega dell'attacco, desiderava combattere di nuovo in prima fila per la sua terra.
Ben sapendo di non poterlo fare nelle condizioni in cui versava, prese l'incredibile decisione di legare e unire due lunghe lame ai moncherini che terminavano le sue braccia, creando due armi letali.
Questo atto lo trasformò in una leggenda e in una fonte di ispirazione di cui si è parlato nei secoli.
Dopo solo un mese dalla mutilazione, Galvarino tornò in prima linea nella battaglia di Millarapue, nella quale guidò oltre cinquemila nativi contro poco più di mille spagnoli.
Nonostante la grande differenza di uomini, la battaglia terminò con un atro massacro per i Mapuche.
A fine battaglia i nativi uccisi furono oltre tremila, e quasi mille vennero fatti prigionieri.
Tra questi c'era di nuovo Galvarino, che però stavolta non venne risparmiato e venne condannato a morte e dato in pasto ai cani.
La breve e tragica storia di Galvarino diede ispirazione e forza per il resto della lunghissima guerra ai Mapuche, che non accettarono mai passivamente la dominazione spagnola e tentarono invece di combattere battaglie nonostante fossero già perse in partenza.



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