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Maschere funerarie egizie

Maschere funerarie

Le maschere funerarie dell’antico Egitto sono forse tra gli oggetti più iconici della cultura egizia. La più celebre è senza dubbio quella in oro massiccio del faraone Tutankhamon, oggi conservata al Museo Egizio del Cairo. Tuttavia, la maggior parte delle maschere funerarie non erano d’oro, e il loro scopo andava ben oltre l’estetica: esse proteggevano e trasformavano il defunto, accompagnandolo nel suo viaggio verso l’aldilà.


Nell’antico Egitto, anche i vivi potevano utilizzare maschere, spesso in contesti rituali. Sacerdoti, sacerdotesse o maghi potevano mascherarsi da divinità, come Anubi o Beset, per assumere simbolicamente i poteri associati a queste figure divine. Le maschere, dunque, avevano un potere magico di trasformazione: indossarle significava passare da uno stato mortale a uno divino.


Le prime rappresentazioni artistiche, risalenti al periodo predinastico, mostrano figure con teste animali o fantastiche. Alcune di queste immagini raffigurano probabilmente uomini travestiti da dei, ma erano percepite dagli Egizi come manifestazioni divine. Ne è un esempio una figura femminile del Medio Regno, oggi al Manchester Museum, che indossa una maschera leonina ed è interpretata come rappresentazione della dea Beset.


Alcune scene funerarie mostrano un essere con testa di sciacallo che mummifica un corpo. Questa immagine può raffigurare un sacerdote mascherato oppure Anubi stesso, riproponendo il mito della mummificazione di Osiride. Similmente, nella sala ipostila del tempio di Amon a Karnak, una processione con figure composite rappresenta le anime di Nekhen e Pe: anche qui, non è chiaro se si tratti di maschere rituali reali o rappresentazioni simboliche del dogma reale.


Maschere rituali autentiche sono estremamente rare, probabilmente a causa della deperibilità dei materiali impiegati. Tuttavia, esistono alcuni esempi notevoli:

Un frammento di maschera in cartonnage, simile a Bes o al dio Aha, è stato ritrovato a Kahun da Flinders Petrie;

Una statuina in legno da una tomba sotto il Ramesseum che mostra una figura leonina, forse una sacerdotessa mascherata;

Una maschera ceramica di Anubi, datata dopo il 600 a.C., trovata a Hildesheim e dotata di fori per la visione, pensata per essere indossata durante rituali (confermata anche da rilievi nel tempio di Dendera).


Le maschere funerarie servivano a proteggere il capo del defunto e a conferirgli un volto divino. I più abbienti avevano maschere dorate con parrucche blu, colori associati alla carne e ai capelli degli dèi. Le maschere erano spesso caratterizzate da simboli divini e dai tratti idealizzati, come previsto dal Libro dei Morti (formula 151b), affinché il defunto potesse essere accolto nel consesso divino di Osiride.


Maschere che si sono ovviamente evolute nel corso del tempo. A partire dalla IV fino alla VI Dinastia si iniziarono a modellare le bende del volto o a stendere strati di gesso sopra di esse, creando le prime maschere rigide.

Nel Periodo eracleopolitano compaiono maschere scolpite in legno o cartonnage, spesso con occhi esagerati e sorrisi enigmatici, arricchite con parrucche e collari decorativi.

Poi, nel Nuovo Regno e Terzo Periodo Intermedio cominciano ad arrivare maschere sempre più sofisticate, realizzate in metalli preziosi. E infine, nel Periodo Tolemaico e Romano troviamo una diffusione delle maschere in cartonnage e gesso, con dettagli pittorici in stile greco-romano. Le acconciature diventano indicatori culturali: barbe per gli uomini, elaborate pettinature per le donne.


Proprio durante il periodo romano, le maschere tridimensionali vengono in parte sostituite dai cosiddetti ritratti del Fayum: dipinti su pannelli di legno o teli di lino, realizzati con encausto o tempera. Ritraevano i defunti in stile ellenistico e, sebbene sembrino ritratti realistici, studi hanno mostrato che molti erano generici e non dipinti dal vivo.

Alcuni ritratti presentano segni di usura o montature, indicando che erano esposti in casa prima di essere utilizzati nelle sepolture. Nonostante lo stile greco, conservano elementi iconografici egizi, come il diadema di Serapide o la corona solare di Iside, mostrando la continuità delle credenze native anche sotto dominazione straniera.


Le ultime maschere conosciute sono teli dipinti in lino, la cui parte superiore veniva pressata in uno stampo per creare un effetto tridimensionale. Alcuni esemplari datano al III o IV secolo d.C. Inizialmente scambiati per mummie cristiane, sono stati poi riconosciuti come ultime testimonianze dell’iconografia funeraria egizia pagana, segnando il passaggio dalla maschera al ritratto iconico cristiano.

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