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Le Argonautiche (9) - Le prove di Giasone



Giasone e Medea

Giasone era sconsolato; sebbene avesse dimostrato grande coraggio nell'accettare la sfida del re dei Colchi, era quasi certo che sarebbe morto nel tentativo di completare l'impresa.

Lì vicino, Medea era altrettanto angosciata; il suo cuore era stato catturato dalla Passione, ma amare Giasone sarebbe stato considerato un grande tradimento verso la sua famiglia.


Tuttavia, la giovane chiamò due ancelle e andò verso Giasone; sospettando delle ancelle, dichiarò che intendeva avvelenare l'eroe, ma non era questa la sua vera intenzione.


Medea disse a Giasone che gli dèi desideravano che lei lo aiutasse nella sua impresa mortale, ma per farlo aveva bisogno che l'eroe giurasse che l’avrebbe presa in moglie e non l’avrebbe mai abbandonata.

Giasone non ebbe dubbi e fece il giuramento: era la sua ultima speranza per evitare una morte certa, e Medea era una donna bellissima.

Medea gli consegnò una fiala contenente una potente pozione che solo una vera discepola di Ecate poteva produrre. L'Elisir era preparato con il sangue del Titano Prometeo, imprigionato su una roccia nel Caucaso, il cui fegato veniva divorato ogni giorno da un terribile uccello.


Seguendo le istruzioni della maga, Giasone unse il suo corpo con l'olio incantato e protettivo. Gli altri eroi gli augurarono buona fortuna; non avevano idea della sfida che avrebbe affrontato, ma sapevano che il subdolo re Eete non avrebbe consegnato il Vello d’Oro tanto facilmente.

Giasone si presentò nel campo di Marte, dove il re e la corte lo attendevano, sperando di assistere a uno spettacolo sanguinario che si sarebbe concluso con la morte dell'eroe.

Il compito dell'argonauta ero quello di legare a un aratro due potenti tori che emettevano fuoco dalle narici, e poi avrebbe dovuto seminare la terra con i denti di drago.


I tori furono liberati: erano creature impressionanti, con zoccoli di bronzo, offerte da Efesto al re dei Colchi.

Uno dei tori avanzò furioso contro Giasone, che saltò su di lui come un abile torero; l’altro toro lo attaccò con una fiammata, che lo avrebbe sicuramente incenerito se non avesse avuto il corpo protetto dalla pozione della maga. Giasone fece appello alla sua agilità per sfuggire agli assalti delle bestie, che diventavano sempre più frustrate.

Con un salto acrobatico, Giasone riuscì a far scontrare violentemente gli animali tra loro; approfittando del loro stordimento, li trascinò per le corna verso l’aratro e li legò al giogo. Con gli animali domati e legati al giogo, Giasone iniziò a seminare il campo. Con grande stupore del pubblico, Giasone riuscì a trattenere i buoi e seminò i denti di drago nelle scanalature aperte dall’aratro.


Il re Eete sorrise soddisfatto, perché aveva un'altra sorpresa in serbo per l’eroe: dalla terra seminata con i denti di drago iniziarono infatti a emergere terrificanti guerrieri.

Tuttavia, Medea aveva già avvertito Giasone che ciò sarebbe accaduto; ispirandosi alla storia di Cadmo, gli aveva consigliato di lanciare una pietra rotonda tra i mostri in modo che, sopraffatti dalla polvere e dalla confusione, iniziassero a combattere tra loro in una violenta mischia.


Giasone iniziò a sterminare una creatura dopo l’altra, e dopo aver annientato l'ultima, riuscì finalmente a portare a termine il suo compito.

Sollevato sulle spalle dai suoi compagni, fu celebrato per la grande impresa. Il malvagio re Eete si rese conto che quel giovane aveva con sé favore degli dèi, e temette che neppure il drago dei Colchi sarebbe riuscito a fermare l'invincibile eroe e impedirgli di ottenere il Vello d’Oro.

Il re si disse quindi che andava trovata un'altra soluzione...



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