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Le Argonautiche (7) - Le arpie



Arpie

Quando Giasone e gli Argonauti arrivarono nella città di Salmidesso, governata da re Fineo, la trovarono vuota e in rovina, e impregnata di una terribile puzza causata da escrementi di uccelli sparsi ovunque.

Giasone si recò all'acropoli della città alla ricerca di Fineo, brillante veggente, sia per sapere cosa stesse succedendo in città, sia per ottenere notizie sul proseguo della missione.

Una volta arrivato nel palazzo del sovrano, lo trovò seduto a un tavolo da pranzo in un salone completamente in degrado.

Fineo, che ormai sembrava solo l'ombra dell'uomo che era, spiegò agli Argonauti che in passato era stato un mago molto rispettato, che si era affidato sempre al favore degli dèi, e che spesso aveva anche partecipato ai banchetti che questi ultimi organizzavano sull'Olimpo.

Tuttavia, proprio durante questi banchetti, ascoltava alcuni piani delle divinità e di tanto in tanto rivelava ai suoi sudditi tali piani, in modo che gli umani potessero regolarsi di conseguenza.

Un giorno, però, Zeus scoprì il "tradimento" di Fieno, e lo punì brutalmente.

Prima gli tolse la vista, poi mandò contro il suo regno le sporche e rivoltanti Arpie, che ogni giorno comparivano, facevano un gran baccano, e spargevano i loro rifiuti per tutta la città.

Fineo terminò il suo discorso assicurando gli Argonauti che, se lo avessero aiutato a liberarsi di quelle terribili creature, avrebbe rivelato loro un importantissimo segreto sul completamento della loro impresa.

Gli eroi accettarono, e si nascosero in attesa delle Arpie.

Quando giunse il momento, gli Argonauti riuscirono a catturarne una, mentre altre due cercarono di fuggire.

Tuttavia, Zete e Calaide, figli del vento, presero il volo e combatterono contro le Arpie in cielo aperto.


Alla fine, le tre Arpie furono sottomesse e quasi per essere messe a morte, quando solo l'intervento miracoloso della dea Iris, loro sorella, le salvò.

Le creature volarono via con la promessa che non avrebbero più infastidito Fineo, e il re tenne fede alla sua parola rivelando agli eroi un pericolo che avrebbero trovato più avanti sulla loro strada.

Spiegò loro che tutte le navi dirette verso il Bosforo dovevano fare i conti con le insidie delle rocce nascoste nella nebbia eterna, che puntualmente le faceva affondare, e suggerì loro di liberare una colomba e seguirne il volo per affrontare così la rotta più sicura.

Gli eroi fecero come istruito e, incoraggiati anche dalla lira di Orfeo, riuscirono a superare gli scogli.


Giasone e gli Argonauti erano sempre più vicini al loro obiettivo, ma la strada da percorrere era ancora lunga e piena di pericoli.



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